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Da dove possiamo Iniziare?

Dai gesti ripetuti, dalle azioni quotidiane, dalle abitudini, da ciò che penetra nei nostri occhi dal risveglio al nuovo sonno, dalle parole...

Sì, iniziamo dalle parole, perché no? Le parole hanno un potere magico sottovalutato dai più, esse risuonano, scuotono, sono frequenza, onda, temperatura, colore, vibrazione. Più pronunciamo una stessa parola più questa avrà impatto nella nostra quotidianità. Questo avviene sia quando ne siamo pienamente consapevoli, attraverso le preghiere o i mantra, sia agendo nell'inconsapevolezza al di là della nostra intenzione conscia circa ciò che usiamo per dire cose.
La parola scritta ha certamente questo potere. Ma il fonema, credo, ancora di più. “Verba volant, scripta manent” (le parole dette volano, quelle scritte restano) la pronunciò un certo Caio Tito al senato romano con un’intenzione opposta al senso che comunemente le diamo quando ci divertiamo a citare questa abusata locuzione latina: le parole dette volano ovunque, mentre quelle scritte restano fisse, immutabili, non si muovono, quindi stagnano, a meno che non vengano pronunciate e allora iniziano a volare, a diffondersi, a passare da individuo ad individuo, a muoversi e a muovere, a smuovere, da anima in anima, in sostanza a trasformare. La parola scritta infatti ha bisogno di essere pronunciata perché si attivi magicamente, a differenza del simbolo, che necessita di essere fissato nella materia, solida o sottile che sia, attraverso il suo segno più che col suo “nomepronunciato: visualizzare il segno del simbolo Choku Rei, ad esempio, ha una efficacia “magica” assai più potente che non la mera pronuncia del suo fonema “chokurei”. Ci sono poi, meraviglia delle meraviglie, quelle parole rare che hanno una portata magica sia come fonema che come simbolo, una su tutte: Abracadraba! (che “guarda caso” vuol proprio dire “Creo quel che parlo”, ma guarda un po'...)

Quello che mi preme ora non è il focus sulle parole magiche quanto sull'uso magico delle parole.

Quindi, da dove Iniziare?

Iniziamo pure dal riconoscere quali sono i nostri fonemi abituali e ricorrenti, ossia quelle parole che nell'arco delle nostre giornate pronunciamo di più. Un buon Inizio è eliminare alcune parole dal proprio frasario, dalle proprie abitudini mentali in virtù della riconosciuta loro valenza magica. Riconoscere quali quelle indotte dall'esterno, dalla cultura, dalla famiglia d'appartenenza, dall'ambiente di riferimento, dalla società, e così via: queste sono perversamente magiche.

(Continua con la seconda parte)
(Seconda parte)

Prendiamo ad esempio tutte quelle definizioni tanto in voga che iniziano col prefisso no più qualcosa a seguire che si vuole negare: no-global, no-tav, no-expo, no-vax, no-greenpass, no-mask, eccetera eccetera eccetera, tutte definizioni queste coniate dal sistema al fine di agevolmente catalogare, incasellare, etichettare, fare di tutta l'erba un fascio, per poi delegittimare, il dissenso critico, o meglio i dissensi critici gettandoli in un unico calderone di un no-qualcosa intorno al quale non può che aleggiare l'olezzo di un non so che di ridicolo e superficiale. Ecco, questo è un esempio di uso perversamente magico della parola: delegittimo il dissenso sulla pizza, definendo come no-pizza colui che anche a ragion veduta dissente sulla pizza. La cosa peggiore però non è tanto la creazione di queste etichette da parte del sistema quanto la loro accettazione da pate di chi in esse poi finisce col riconoscersi: siamo no vax! Siamo no greenpass! Perché è peggio? Semplicemente perché la magia non funziona per negazione. Mi spiego: per eliminare o ridurre il potere ad una parola la prima regola aurea è: non pronunciarla più. Continuare invece a pronunciarla, tanto ci mettiamo il no davanti per dire che quella cosa non la vogliamo, in realtà non la nega affatto anzi la fortifica. Perché? Sembrerebbe abbastanza intuitivo: continuo a pronunciarla con forza, facendone un uso inconsapevolmente magico. E quel no diventa assolutamente irrilevante.
A quanto pare, a livello vibrazionale “l'Universo non riconosce il no” accanto ad una affermazione, a maggior ragione all'interno di un'invocazione. Il che vale a dire che urlare “no-greenpass!”, per esempio, equivale ad evocare esattamente quello stesso greenpass che si vuole annientare. Poiché l'affermazione sarà sempre più potente della negazione, quel no davanti ad una affermazione sparisce. Il “No!” ha valore magico quando è affermazione di una sacra Scelta di negazione, che è diverso dal semplice negare qualcosa: saper dire “No!” quando è no, e “Sì!” quando è sì.
Insomma, per materializzare nuove realtà occorre trovare nuove parole, ora, nel nostro quotidiano, dove la nostra Pratica magica trova il suo senso concreto.

(Valentino Infuso)
Verba Volant… #1

Le parole sono magia.

E possiamo apprendere un modo nuovo di usare le parole ma anche, talvolta di non usarle affatto... ad esempio quando le parole servono a etichettare il nostro Essere libero che si manifesta nella sola espressione "Io Sono”.

Ogni sistema di potere crea definizioni e etichette per distruggere e imbrigliare la forma energia libera. Lo fa da sempre.
E spesso quella forma energia libera ci rimane incastrata, casca nel tranello, e finisce per perdere tanta della sua forza in quella gabbia di suono che vibra.

Ci chiamano no-vax, no-pass, no-dittatura, no-non lo so... queste etichette sono state inventate proprio da quel sistema di potere che scegliamo di non assecondare, non da noi. 
A noi non servono.  A noi non servivano.
Noi ci leviamo in piedi a testa alta e diciamo "Io sono... e sono Libero". Ecco... semplicemente.

Non si tratta più di sostituire etichette con altre etichette ma di trascenderle...

(continua nel post successivo)
(Seconda parte)

Non è più tempo di stabilire schieramenti, dicotomie, contrasti, non è piu tempo di sancire un "noi" e un "loro"...
Non è più tempo di cercare definizioni, etichette, contenitori per il nostro essere.

Concentriamoci solo su Chi Siamo, la nostra anima, il nostro cuore, il nostro Spirito, il nostro corpo che è il nostro tempio... il nostro Respiro...

È tempo di non farci più imbrigliare in nessun modo, neppure con le parole, neppure con il pensiero, a cominciare dalle parole, a cominciare dal pensiero...

È tempo di Essere semplicemente chi siamo...

E noi non siamo no vax, no pass o qualsiasi altra definizione in qualsiasi ambito. Noi siamo esseri umani, liberi e pensanti, capaci di discernere e scegliere, siamo esseri umani, uomini e donne, e il nostro No sacro non appartiene a nessuna definizione, a nessun partito, a nessuna ideologia, ma solo al nostro Cuore e alla nostra anima libera.

E ricordiamoci che mentre diciamo No a tutto ciò che il nostro cuore e la nostra anima libera sentono ingiusto e disumano contemporaneamente stiamo dicendo alla vita in cui ci riconosciamo, e questo NO e questo all'unisono vibrano per creare un ponte che trascende la separazione verso un mondo migliore, molto migliore di quello che sta finendo, che esiste gia, qui e ora, al centro dei nostri cuori.

Questa consapevolezza, questa azione di livello superiore, che può riverberare, così, anche nell'espressione e nella comunicazione, nelle parole che usiamo e nell'abbandono di ogni etichetta,  è un'altra arma di infinita potenza in risposta a qualsiasi attacco.

Noi siamo Umani, che vivono, che sognano, che amano, che combattono, che scelgono di essere liberi...
Così loro non sono vaccinati o covidioti, non definiamoli neppure, non facciamo lo stesso gioco che il sistema fa da sempre. "Non ti curar di lor ma guarda e passa", avrebbe detto qualcuno... 
Sono semplicemente persone, uomini e donne come lo siamo tutti, anime che hanno la loro storia, il loro livello di coscienza, i loro tempi di risveglio, che non riescono ancora a vedere attraverso il velo dell'illusione, che proprio non sono in grado e questa non è una colpa, ma è loro responsabilità all'interno della loro storia, come noi abbiamo la nostra responsabilità  all'interno della nostra storia, la storia di ognuno che è unica e irripetibile. 

Prima o poi vedranno... chissà come e quando… Con il loro tempo. In questa vita o in una prossima. E questo in ogni caso non dipende da noi.

Quello che dipende da ognuno di noi è il nostro risveglio, praticato e perseguito con amore e saggezza, è l'esempio che il nostro agire può dare... con la consapevolezza che il nostro risveglio, anche se non se ne accorgono, raggiunge anche chi dorme, ad un qualche livello non visto, e modifica la Realtà per noi e per tutti.

Certo ci distacchiamo per forza, ognuno di noi e tutti noi insieme come esseri umani, corpi e anime liberi, e la distanza tra chi su alza saldo nella Verità del proprio essere e chi dorme davanti ad essa è sempre enorme, purtroppo al momento invalicabile... e questo è un bene, per quanto a tratti doloroso sia, questa è naturale e inesorabile scomposizione per assestare un nuovo equilibrio.
Ma abbandoniamo le connotazioni in forma di etichetta, appartengono a un mondo vecchio fatto di partiti e ideologie, di schieramenti e guerriglie… credo invece, da sempre e ora più che mai, in una magica, meravigliosa, naturale fratellanza riconosciuta e vissuta...

Siamo la “Resistenza” e diciamo No ma contemporaneamente siamo l'Azione e diciamo al nutrimento della terra di un mondo nuovo, ma lo siamo e possiamo esserlo al di la di qualsiasi definizione solo in quanto umani e fieri della nostra umanità e dei nostri respiri che si accordano all'unisono.
E questa consapevolezza ci rende ancor più potenti poiché inafferrabili, nessuno potrà prenderci e ingabbiarci, nemmeno nelle parole.

(Valentina Cidda Maldesi/Anabel)
Il tempo del "credere" lascia il posto al tempo del "Sentire"...

Disobbedite...........
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Verso Samhain…

Il Viaggio intorno a “Il Risveglio del Guerriero”, avverrà anche attraverso Samhain, il cosiddetto capodanno celtico, ossia la notte tra il 31 ottobre e il 1 novembre (non aggiungiamo altre definizioni o significati, che saranno oggetto di approfondimento in un prossimo post). Diciamo solo che questa “coincidenza” rappresenta un’occasione preziosa per esperire Sé in un tempo (Samhain) e in uno spazio (Porto X) ancor più intensi e pregnanti. E non vediamo l’ora di salpare per questo Viaggio assieme…

“Il Risveglio del Guerriero”
Viaggio in emersione del proprio Sé oltre la nebbia delle paure.

Porto X, 29 ottobre-1 novembre
Questa sera alle 21,
una nuova chiacchierata in diretta con Valentina Cidda Maldesi/Anabel e Valentino Infuso intorno a…
🍷 Bicchiere di vino alla mano🍷
(o qualsiasi altra cosa abbiate voglia di bere in compagnia…)
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Verba Volant... #2

Da quali parole iniziare?
Ognuno è chiamato a scovare le proprie. Posso dirvi però da quali
ho iniziato io nel mio processo di trasformazione di me e della realtà, o meglio dell'impatto della realtà su e dentro di me.
Le parole che ho iniziato personalmente ad eliminare non sono astruse o scurrili (a volte anche una bestemmia è sacra), ma alcune di quelle particolarmente frequenti nel quotidiano, apparentemente innocue, ma tali da essere dotate più di altre di un forte potere di materializzazione. Queste parole, quando pronunciate con frequenza, girano al contrario: hanno un potere sì ma inverso, sono capaci cioè di modificare “verso il basso” la condizione esserica e pragmatica di chi le pronuncia. Come non ricordare l'attenzione che poneva tutto l'entourage di Harry Potter nell'evitare anche solo di pronunciare il nome di quel gran cattivone di Voldemort, preferendo utilizzare, per farvi riferimento, l'espressione “tu sai chi”…

(Continua nel post successivo)
(Seconda parte)

Ma non le ho eliminate e basta. Le ho sostituite con altre il cui effetto poteva essere vivifico o quanto meno neutrale, comunque non nefasto. Sembra quasi un discorso scaramantico più che magico -sarà mia premura poi raccontarvi in un prossimo “Verba Volant” cosa intendo personalmente con la parola “magia”-, ma che cos'è la scaramanzia se non “la magia dei poveri”? Come diceva Eduardo De Filippo: “Essere superstiziosi è da ignoranti, ma non esserlo porta male!”.

Aspettare
e tutti i sostantivi derivati o che hanno come prefisso asp-.
Al verbo aspettare ho sostituito il verbo attendere, che dà più il senso di tendere verso, nella sua accezione di prendersi cura, occuparsi di. Mi affascina Il senso così perfettamente reso dal suo participio presente: attendente, ossia colui che attende a qualcosa o a qualcuno, che gli conferisce -a differenza del verbo aspettare che sembra richiamare alla passiva attitudine del sottostare agli eventi- una certa forza attiva e dinamica nello stare, uno stare affinché si agisca, senza qualcosa o qualcuno che debba agire prima per noi.

Provare

nella sua accezione di tentare di fare qualcosa; uniche deroghe che mi concedo nell'uso di questo verbo e sue declinazioni sono per indicare la preparazione di uno spettacolo teatrale, le cosiddette prove, come anche le prove da superare, oppure in senso probatorio, cioè quelle necessarie a dimostrare la veridicità di un fatto, o nel senso di avvertire un sentimento. Lo scetticismo semantico collegato a questo verbo riguardava la riuscita dell'agire, che il verbo provare nega in partenza delegandolo aleatoriamente a fattori casuali o ultraterreni o astratti. Provare nega la necessità di un agire, e non mi riferisco necessariamente ad una azione fisica o materica, ma un agire in senso ampio e sottile anche, al di là della riuscita o meno: tutto questo per me è meglio espresso dal verbo Praticare: non provare a fare le cose ma le Pratico e basta. Quanta saggezza nella famosa frase del venerando maestro Yoda in Guerre Stellari: “Fare o non fare! Non c'è provare!”.

Sperare
.
Un altro passivismo. Mi diverto a notare come, non a caso, nella lingua spagnola aspettare viene tradotto con la parola esperàr che tanto richiama l'italiano sperare. Un “speriamo...” pronunciato con sospirante rassegnazione non fa che trasmettere tutta l'inadeguatezza rispetto alle prove cui si è chiamati. Augurare ed augurarsi hanno invece in sé un potere vivifico, come un buon esito indotto attivamente nel semplice atto stesso di pronunciarlo; infatti difficile che capiti di ascoltare un “auguriamoci che...” ammantato di religiosa e mesta sudditanza agli eventi. Anche auspicare può funzionare meglio di sperare.

Na ho eliminato poi dal mio frasario anche espressioni fatte come “ho paura che...”. Chiaro che non sono scevro dal sentimento della paura -mi capita, certo, di provarla-, ma ho compreso quanto importante sia non riverberarla foneticamente: ogni volta che si pronuncia di aver paura (anche nel senso di temere), questa s'ingrossa.
E ancora: “Mi annoio”, espressione particolarmente facile da non pronunciare per me dato che raramente mi capita capita di provare noia se non in presenza di determinate persone che sì, noiose ed ammorbanti (eh sì, ce ne sono eccome).
E ancora: “Ma come devo/come dobbiamo fare?”, quale dichiarazione di quel senso di vacua disperazione di fronte a problemi che tendono a ripetersi sempre con le stesse modalità, e che invece maschera solo l'incapacità di concentrazione nell'agire per scardinare l'inerzia che ci caratterizza.

Iniziai così da queste parole. E mi sembrò un buon inizio.
E Tu? Da quali parole puoi iniziare?

(Valentino Infuso)
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Grazie a tutti per aver partecipato a questa seconda diretta. Scriveteci qui se vi va, qualunque cosa sentiate di condividere. Purtroppo non abbiamo eseguito la registrazione…
Uno squarcio di Porto X a mo di buongiorno 🌞, in attesa di accogliere i Cercatori che si imbarcheranno per l’imminente Viaggio…
Intorno a Samahin…

HALLOWEEN O SAMONIOS? LE VERE ORIGINI DI UN’ANTICA RICORRENZA CELTICA

(Autore: MonolituM)

Tra la notte del 31 ottobre e il 1° novembre si celebra secondo il culto celtico, la fine dell'estate e l'inizio della nuova stagione: è la festa di Samonios, conosciuta anche con altri nomi, Samhain e Halloween.
Le date sono convenzionali, perchè quelle “vere” prevedono di osservare il Primo Quarto di Luna nel mese di ottobre. Quest'anno Samahin in realtà è già iniziato il 13 ottobre e si protrarrà fino all'11 novembre, con la prima Luna Calante.
Sul celebre calendario di Coligny questo periodo viene indicato come “Samon” ed è certo che i Celti, sia continentali che insulari, dessero particolare rilievo a questo giorno ed alla notte che lo precedeva come una delle quattro Feste cardini del moto celeste. Giunta fino ad oggi la tradizione di questa festa è anche conosciuta con il nome di Samhain (dal Gaelico “sam-fuin”, ovvero ”fine dell’estate”).

(Continua nel post successivo…)
(Seconda parte)

Si conclude, quindi, un ciclo per aprire immediatamente uno nuovo.
L'iscrizione così cita: “Trinox samo[sindiv – trinoxtion Samoni sindiu” ovvero “la festa delle tre notti di Samonios comincia oggi”.
Pertanto la festa in origine era conosciuta col nome di Trinoxtion Samonii, ovvero le tre notti di Samonios: la sacralità della simbologia del tre, già presente nel Triskell, acquista grande rilevanza per identificare un periodo cruciale durante il quale la parte oscura dell'anno prevale su quella chiara.
Samonios rappresenta il primo giorno dell'Anno celtico; questo perchè presso le popolazioni arcaiche, il ciclo vitale non iniziava dalla nascita delle cose visibili, alla luce del sole del mattino, ma alla nascita “reale”, quell'istante profondo e intimo che dà il “là” alla prima pulsazione: è la putrefazione delle foglie sul terreno che daranno vita alle nuove piante in primavera, è la gestazione nel grembo materno che farà nascere e sviluppare una nuova Vita.
Il giorno comincia a mezzanotte, nell'istante in cui la Luce in germe contiene il suo più alto potenziale in essere, è Saturno cristallizzato che rilascerà il Fuoco in esso contenuto al sorgere del Sole.
Samonios rappresenta la promessa del futuro sole e dunque dell'anno nuovo.
Nel corso di questa prima notte si avranno i cerimoniali che avranno la funzione di assicurare un buon anno, buoni raccolti per l'anno che sarà.
Presso le popolazioni Insubri, era consuetudine spegnere il fuoco nel focolare domestico, 3 giorni prima del 31 ottobre, radunandosi nella foresta attorno al cerchio di pietre posto dai sacerdoti, che erano preposti a “soffocare” lentamente il fuoco sacro dell'altare dedicato alle divinità del clan, strofinando infine i rami secchi della quercia sacra più anziana.
Il rituale proseguire con l'accensione del nuovo fuoco, il 1° novembre, per onorare Belenos e Succelos (divinità solare) e “spaventare” gli spiriti avversi.
Ciascun capofamiglia riceveva le braci rosse raccolte da questo fuoco per accederne un nuovo nel proprio focolare: fuoco che doveva essere custodito e fatto bruciare fino all'autunno successivo. Questo sacro fuoco doveva proteggere la casa dai pericoli durante tutto l'anno.
Questo era il momento propizio durante il quale si effettuavano i raccolti da riporre per l'inverno in arrivo: la terra sarà fertilizzata per preparare il nuovo anno nell'oscurità della sua “rotondità”.
Nel ventre segreto della Terra avviene l'alchimia della fecondazione del futuro sole del Solstizio d'inverno.
Samonios era così presente e potente nelle menti degli antichi Insubri, che la Chiesa non poteva soffocare tanto facilmente; fu così che la trasposero nella celebrazione dei Santi, ovvero la festa di Ognissanti celebrata ancora oggi.
L'Energia di questa ricorrenza è così forte che nel mondo commerciale prende vita sotto forma di Halloween, nome di derivazione inglese che meglio si diffuse.
È il momento delle grandi notti in cui tutta l'energia è concentrata sulla creazione. Tutto sembra addormentato sulla Terra ma nel suo cuore fertile sta sognando il mondo. Così si passa da un ciclo per entrare in uno nuovo in un tempo senza tempo. In questo istante incantato, ci sarà l'eterno rinnovamento che avrà la vittoria su quanto sembra in realtà morto.

LA RAPA: ANTICO SIMBOLO DI SAMONIOS
“Will-o'-the-wisp”, “Fuochi pazzi”, “Feux follets”, “Ignis fatuus”, "Luminotti e Lumicini", “Lümere”... questi sono solo alcuni dei nomi usati nella tradizione europea per indicare i "Fuochi fatui", le fiammelle di fiamma fredda che danzavano sui terreni paludosi e marcescenti nella notte sacra di Samonios.

(Continua nel post successivo…)
(Terza parte)

Troviamo anche denominazioni quali "candela del morto" e, in ambito anglosassone, "Billy col ciuffo", la "Lanterna di Hobbledy", la "Lanterna di Jack" oppure "Joan del guado"...

In Italia invece troviamo le leggende sui "Lumicini", (“Lumesìn” e “Lümere” in Lombardia) spiriti erranti con l'aspetto di tenui figure biancastre oppure, nel caso dei "Luminotti" (attestati sia in Toscana sia presso alcune località delle Alpi Occidentali: ad esempio in Valle Anzasca), di ombre vestite con lunghe cappe scure, che vagano reggendo una piccola lucerna del tutto simile ad un fuoco fatuo.
La rapa cresce completamente o in parte sotto terra, dunque nel Genio di questo ortaggio è racchiusa l’essenza di questo periodo: il pensiero rivolto al sottomondo, alle radici, agli antenati animici, ai preziosi semi custoditi dalla terra nel gelo invernale… pronti a germogliare nella prossima Primavera.
L'anno sprofondava simbolicamente nel buio, cessava di esistere e si dava inizio all'anno nuovo tramite l'accensione di un fuoco collettivo (con valenza sia materiale che spirituale). Il Fuoco, presso le popolazioni dove il "sacro" era concepito su base "sciamanica", è agente dinamico trasformatore.
Il fine perseguito è la trasformazione dell'essenza spirituale della persona ma può preludere anche - in termini iniziatici ad un'esperienza di trasfigurazione. Padroneggiare il fuoco ed aver cura del calderone, dell'Athanor, è sinonimo del cammino verso la comprensione di alcuni scorci dell'Anima.
(…)
Il rituale del fuoco prevedeva, inoltre, che i focolari domestici venissero spenti all'inizio della festa, cioè al tramonto dell'ultimo giorno di ottobre, per poi riaccenderli al Solstizio d’Inverno. Spegnerli serviva a far apparire le case disabitate e a ingannare gli spiriti avversi, che la prima notte tornavano sulla terra per impossessarsi dei corpi dei vivi e vendicarsi dei torti subiti.
Rituale propiziatorio:
E' tradizione offrire ai propri antenati frutta, bevande, intonare poesie, canzoni, ecc. e salutare l'anno vecchio per celebrare con gioia quello nuovo.
Si condividono pane e frutta invernale, mangiati assieme, e bevendo idromele.
È un momento di Grande Magia perché è il potere della Grande Madre che attraverso la morte ridarà la vita.
Questo momento va oltre il tempo e lo spazio e ci permette di toccare davvero il segreto dell'Eternità.
Il druido apre la porta ad occidente, bandendo i confini tra il mondo dei vivi e quello dei morti: incontrerà gli Antenati per ridare vigore alla loro memoria e saggezza, facendo offerte gettandole nel nuovo fuoco.
Il rituale si concluderà con la chiusura della porta ad oriente, brindando e banchettando con idromele e pane, intonando canti e poesie in loro onore.

Bibliografia:
“Le vere origini di Halloween” di Sarah Bernini, Luce, Chiara Rancati, Monica Casalini - Anguana Edizioni
"L'Italia dei Celti", di Giorgio Garbolino - edizioni Boot Ananke
"Il tempo dei celti. Miti e riti: una guida alla spiritualità celtica" di Alexei Kondratiev - Apogeo Editore
"Samonios e Solstizio d'inverno" di Ossian - Anticaquercia
"Haggis, Hogmanay and Halloween" di Betty Kirkpatrick - Crombie Jardine Publishing Lim
"Mannheim Steamroller Halloween: The World Between" di Chip Davis, Jill Stern - Mannheim Steamroller, LLC,
"Halloween: sorcières, lutins, fantômes et autres croquemitaines" di Patrick Jézéquel, Bénédicte Morant, Jean-Baptiste Monge, - Erlé Ferronnière Avis de tempête.
"Halloween: histoire et traditions", di Jean Markale - Imago
"Le christianisme celtique et ses survivances populaires" di Jean Markale - Editions Imago

Nota: Samahin si pronuncia SAH-WIN (Sauín)
2024/10/02 02:26:25
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