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Frammenti di un discorso più ampio... #7

C’era una volta un uomo, un uomo di grande successo. Un uomo che aveva tutto. Che poteva tutto. Un uomo integro, serio, ordinato, rispettato, temuto, adulato, forse anche amato... chissà, e in ogni caso, che fosse o meno amato, era cosa ben poco rilevante.

Con un così grande potere a cosa mai poteva servire l’amore...

C’era una volta un re, diciamo così, per rispettare quello che potrebbe essere l’incipit di una buona fiaba.
Un re che aveva tutto.
Un re di sette regni.
Un re di sopra e di sotto.

Un bel giorno quell’uomo è uscito dal suo palazzo e non ha mai più fatto ritorno.

Ohibò...

Nessun cadavere rinvenuto. Niente di niente. Nessuno ha mai saputo.

Che fine ha fatto quell'uomo?

Ma qualcuno l’ha visto. Non occhi umani ma gli occhi di due cavalli che pensarono di condividere la verità con un asino che pascolava tranquillo all'ombra di un platano...

"Cercate di essere essenziali" raglió l'asino ai cavalli che si apprestavano a raccontare....

"Era una giornata tiepida di inizio primavera, forse era andato a fare una passeggiata, una lunga passeggiata…e come rapito da un incanto era uscito dalla città…diretto verso la campagna. Calava una morbida sera primaverile...
…il profumo dei fiori… e l’odore della polvere sulla strada. Una sera un po’ torbida all’orizzonte.
Il mantello dorato diventava pesante...

Aveva ormai superato anche le ultime fabbrichette fuligginose dei sobborghi, aveva lasciato dietro di se la puzza del loro fumo, i rumori, i cigolii, i loro piazzali odorosi di catrame, i loro neon che, attraverso una museruola di ferro, abbaiavano una luce bianca del crepuscolo.

Aveva abbandonato i sentieri coperti di scorie ed era entrato nella strada ampia e piana che gli si apriva davanti, dritta, lunga...

…forse sarebbe arrivata la pioggia… si sentiva nell’aria… ma al momento faceva caldo e il mantello dorato diventava sempre più pesante…
Abbandonò la strada e passò sull’erba… fuori dalla via… si meglio… molto meglio l’erba… un'erba sporca e polverosa ma pur sempre erba: i piedi accaldati la sentirono subito.

Imbruniva sempre di piú …

E quelle? Lucciole? Non le aveva più viste da quando era bambino...

Improvvisamente un intreccio di sentieri stretti, tortuosi, si aprì davanti a lui tutto intorno, come un gomitolo di serpenti messi in fuga.

"Quanti sentieri ci sono! Si allargano come un ventaglio!
Come un delta!
Come un delta… sì." pensava.

Prese un sentiero e stava bene ma tornó indietro.

Ne prese uno diverso… e anche su quello stava bene.

Tornò indietro ancora.

Qualcosa gli dava fastidio nel cammino. Sì, il mantello dorato…era diventato troppo pesante… davvero troppo pesante. Se lo tolse e lo getto a terra lontano da se. Poi si sedette sull’erba e si tolse anche le scarpe. Troppo pesanti anche quelle. Troppo.

In calzettoni bianchi, con le gambe divaricate tentò di incamminarsi su due sentieri contemporaneamente.
"Vedi… si può fare anche questo. Accidenti!"

Chiuse gli occhi, rilassò le spalle, si spinse con gli alluci, remò con le braccia e di nuovo provò ad andare per due sentieri insieme, poi per tre, poi per quattro… e ci riusciva… ci riusciva davvero!

Finché, ad un certo punto, strinse forte le palpebre e se ne andò andò per tutti i sentieri.
Contemporaneamente.
Ecco.

(Valentina Cidda Maldesi/Anabel)

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“La Giustizia”
Dal mazzo de “I Tarocchi dei Riflessi” realizzati da Francesco Ciampi
Frammenti di un discorso più ampio… #8

Due amici gnomi discutevamo animatamente su ciò che fosse giusto fare.

“Io credo che sia giusto questo, perché sarebbe ingiusto altrimenti”, osservò Gnomo 1.

“Altrimenti a come è giusto sarebbe ingiusto, perciò giusto non può che essere così!”, riosservò con decisione Gnomo 2.

“Ma se fosse giusto così, sarebbe ingiusto se così non fosse. Ma, essendo che così non è, non può che esser ingiusto rispetto a ciò che è!”, rispose risoluto Gnomo 1.

A quel punto, Gnomo 2 ebbe un attimo di esitazione e spaesamento, ma tosto rinsavì per ribattere con convinzione:
“Ma ciò che è è giusto nella misura in cui ciò che non è non è! Perché se fosse ciò che non è, non sarebbe giusto l’ingiusto ma giustamente giusto ciò che è giusto che è!”

Si rivolsero alla Giudicessa.

Dopo che i due gnomi ebbero esposto i propri opportuni ragionamenti su ciò che fosse giusto e ingiusto, la Giudicessa si ritirò per deliberare. Dopo un tempo ritenuto giusto per uno ma ingiusto per l’altro, fece ritorno per emettere la sentenza:

“Alla luce delle diverse visioni, ascoltate le parti in causa, in base agli articoli 21-12-21-21-12-12 contenuti nel Libro della Legge, comma 21, lemma 12, la vertenza su ciò che è giusto e ciò che è sbagliato viene soluzionata attraverso la seguente:
“Si può lasciar cadere uno spillo in terra, senza scuotere ciascuna delle Stelle nel cielo?”.
Così è deciso. Giustizia è fatta al pari dell’Ingiustizia.”

I due gnomi si guardarono interrogativi per qualche lungo prolungato secondo. Fino a che iniziarono entrambi a manifestare, occhi negli occhi, la propria soddisfazione rispetto all’insoddisfazione reciproca su ciò che ora sarebbe stato giusto considerare ingiusto, nonché ingiusto considerare giusto.

(Valentino Infuso)

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PAURA

C'è un mostro ingabbiato nell'ombra, una piovra gigante dai tentacoli oscuri che viene ogni istante nutrita, ingrassata, animale in catene, scalpitante e furioso.
Cresce, si espande allungando i tentacoli, solleticando la vita ai suoi fianchi: ai punti deboli, alle fragilità nascoste, al senso di smarrimento, all'illusorio bisogno di certezze... Solletica e chiama a piegarsi.

Chi la nutre?
I suoi allevatori, demoni imbavagliati nel buio preposti a mostrare ovunque la sua ombra gigante: organi di potere, controllo, diffusori di menzogne, che altro non fanno che richiamare con miseri specchietti per le allodole le vittime che la sfameranno e spontaneamente si offriranno alle sue fauci...

Che cosa la nutre?
Ogni anima che risponde al richiamo, che da essa si lascia afferrare, stritolare e infine ingurgitare.

Questa piovra è Paura.

Più cibo riceve più il mondo precipita...

SCEGLIAMO IL CORAGGIO.
A qualsiasi costo.

Non possiamo aspettare di non avere paura, di non sentirla più per niente, di non vederla, non c'è un tempo giusto, un momento adatto, non più.

Nell'attesa lo Spirito si incrina...il Potere del cuore avvizzisce, nell'attesa l'anima si indebolisce...

Scegliamo il coraggio.
ADESSO.

Il coraggio non è assenza di paura, ma piuttosto è la sua accettazione, la visione di essa e la scelta di attraversarla, da parte a parte, disposti a morire se necessario.

Se accogliamo qualsiasi paura,  finanche la paura di morire, e avanziamo lo stesso, sarà la Paura a morire di fame: lentamente, goccia a goccia, anima dopo anima mancata all'ora eterna del suo pasto, la piovra rantolerà disarmata.

Il coraggio è la Via.

La paura solo un’illusione di attraversamento.

Giacché nel momento stesso in cui scegliamo il coraggio la paura è già svanita.

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Puntatele pure addosso un fucile, nessuno comanderà all'allodola di fermare il suo canto!

(Valentina Cidda Maldesi/Anabel)

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Arcano IX - L' EREMITA - disegno di Emily Balivet
Frammenti di un discorso più ampio...#9

...se si vuole conoscere davvero un essere umano occorre cercare colui verso il quale la sua vita è segretamente rivolta, colui al quale, più di qualsiasi altro egli parla anche quando in apparenza si rivolge a noi. Tutto dipende da quest'altro che si è scelto. Tutto dipende da colui al quale si rivolge in silenzio, per ottenere la considerazione del quale ha messo insieme fatti e prove, per amore del quale ha fatto della sua vita quello che è. Nella maggior parte dei casi non vi sarà stato che un unico interlocutore: il padre o la madre, figure sovrane per la loro assenza, figure che schiacciano l'esistenza con tutto il peso di ciò che non hanno saputo dare, che non hanno saputo essere.

Guarda cosa faccio. E' per te, per ottenere il tuo amore, il tuo consenso, perché tu volga finalmente lo sguardo verso di me, perché tu mi dia con la piena luce dei tuoi occhi la certezza di esistere. Perché non mi guardi dunque?
Guarda cosa faccio. È per te, perché tu mi sgridi, mi punisca, mi umili, così che io possa esser certo della tua attenzione, così che io possa in ogni modo sentirmi importante per te.

Molti si ritrovano così sottomessi a un'ombra, utilizzando compagni e compagne e relazioni come frammenti di specchio in cui proiettare l'ombra di quel vuoto, reclusi nel giardino del padre, nella camera della madre, continuando sino al crepuscolo della loro esistenza a supplicare l'assente, il mancante... per il quale ci sentiamo assenti, mancanti, spezzati...

L'unica via per la Vita è arrivare a non essere più tra questi…

Poter dire allo spettro d'assenza che ci domina e ci lacera, in una senso di abbandono incolmabile e così antico ecco guardami… Sono carne nuda, anima candida. Mi disfo di tutto per liberarmi di te. Mi mostro in resa e vulnerabile, di questa resa che si sottrae alla tua forza, contro la quale non puoi più nulla...

Occorre parlare al vuoto perché il vuoto purifichi la nostra parola...

Occorre entrare in quel vuoto che tanto spaventa, andare, con nulla in tasca, dimentichi dell'idea che abbiamo di noi stessi, dimentichi di tutto ciò che pensiamo di dover essere, dimentichi persino del nostro nome... con la sola lanterna del cuore che batte e vibra e del respiro che si espande ad ogni passo che facciamo...

Ed è allora... che iniziamo a udire un altra Voce, altre voci incastonate di Silenzio prezioso... è solo allora, che sapremo di essere Pienezza....

Ed è allora, solo allora, che potremo amare.

(Valentina Cidda Maldesi/Anabel)

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“The Wheel of Fortune” (Black and Gold version)realizzata da Pamela Colman Smith, per Arthur Edward Waite
Frammenti di un discorso più ampio… #10

“La vita è un eterno nuovo inizio.”

E ogni inizio avviene ad un livello differente.
E ogni volta, occorre rinascere.
Giacché nulla è in stasi.
Quante volte dovremmo commettere gli stessi “errori” prima di renderci conto?
Risposta: tutte le volte che ve n’è la necessità.
E qui, il gradone insormontabile… Fino alla fine. Non è forse vero che la morte non è la fine? Perché la Vita contiene già l’essenza della fine e l’essenza dell’inizio, come un cerchio perfetto:

“La vita è un eterno nuovo inizio.”

E ogni inizio avviene ad un livello differente, o più alto o più basso.
Ed ogni volta, per ciascuno dei nuovi inizi possibili, occorre rinascere.
Giacché nulla è in stasi qui, tutto è in divenire.
Quante, quante volte dovremmo ripetere le stesse azioni, commettere gli stessi “errori”, prima di renderci conto che la chiamata forte per noi è un urlo che ci esorta ad una Scelta?
Risposta: tutte le volte che ve n’è la necessità. Tenendo presente però un precetto fondamentale…
E qui, il gradone insormontabile che si presenta tra lo stare e l’Avanzare… Fino alla fine, che è anche l’inizio. Non è forse vero che la morte non è la fine? Perché la Vita contiene già, in sé, l’essenza della fine e l’essenza dell’inizio, come un cerchio perfetto, anzi:

“La vita è un eterno nuovo inizio.”

Ed ogni inizio avviene ad un livello differente, o più alto o più basso, mai uguale.
Ed ogni volta, per ciascuno dei nuovi inizi possibili, occorre rinascere, e per rinascere occorre morire.
Giacché nulla è in stasi qui, tutto è in divenire, incessante perfetto, non giusto ma esatto, divenire.
Quante, quante volte dovremmo ripetere le stesse azioni, rivivere le stesse dinamiche, commettere gli stessi “errori”, riprovare le stesse sofferenze, prima di renderci conto che la chiamata forte per noi è un urlo che ci esorta ad una Scelta, quella di realizzare un diversivo con cui poter depistare la nostra inerzia?
Risposta: tutte le volte che ve n’è la necessità. Tenendo presente però un precetto fondamentale: che ciascuna di queste necessarie volte sia necessariamente l’ultima!
E qui, il gradone apparentemente insormontabile che si presenta tra lo stare e L’ Avanzare, tra il persistere e lo Sviluppare, tra lo stagnare e il Trasformare… Fino alla fine, che è anche l’inizio. Non è forse vero che la morte non è la fine? Perché la Vita contiene già, in sé, l’essenza della fine e l’essenza dell’inizio, come un cerchio perfetto, anzi, come una spirale. Ed è in questa spirale magica che:

“La vita è un eterno nuovo inizio.”

Ed ogni inizio avviene ad un livello differente…

(Valentino Infuso)

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DI COSA SENTITE ESSERCI PIÙ BISOGNO, IN QUESTO MOMENTO, IN CIASCUNO DI NOI?
“La Forza”, dal mazzo dei “Tarocchi di Vetro” realizzati da Elisabetta Trevisan
Frammenti di un discorso più ampio... #11

...riconoscere la Vita in ciò che ci interrompe, ci ferisce, ci spezza, ci contraddice.
La vita che parla ad alta voce quando le si proibisce di parlare, la Vita che disubbidisce, sconvolge i piani, i programmi, le idee liberandoci dall'uggiosa assuefazione che abbiamo a noi stessi...
La vita che ci fa lo sgambetto fino a che, col naso per terra e le ginocchia sbucciate, non alziamo lo sguardo, arresi, esattamente lì dove siamo: la Forza....

...nascere è cadere nel Tempo.
E con la caduta nel tempo, al primo respiro, due cavalli giungono al centro del petto, uno bianco e uno nero, che tirano entrambi nella propria direzione, in direzioni opposte, contemporaneamente...

Non sceglierne uno ma sceglierli entrambi... imparare a domarli danzando sul vento dei sensi, fino a dove le rette si incontrano in un punto dell'Universo e due direzioni diventano Una.
Essere istinto e eros e terra; intelletto e volo e cielo: la Forza...

Non giurare fedeltà a nessuno ma essere Fede, dire semplicemente Sì quando è Sì e No quando è No: la Forza...

Niente volere e tutto desiderare: la Forza...

Non dimenticare mai di ridere, non evitare mai di piangere: la Forza...

Danzare come i rami degli alberi nella tempesta, senza difendersi, senza mentire, senza cercare riparo ma essendo piuttosto un riparo in se stessi, dai fischi di un tempo stonato, dal canto mortifero del mondo, dai buoni propositi persino, dai fantasmi spettrali della ragione, dalla volontà di potere, dalla "buone maniere", dalle regole scritte a distanza dal cuore, dal voler piacere a tutti che è depauperante prostituzione, dal dover essere, dal dover fare, dal dover dire, dal dover dovere: la Forza...

(Valentina Cidda Maldesi/Anabel)

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“Le Pendu” da non so quale mazzo dei Tarocchi realizzati da non so chi… non so… ci penso…
Frammenti di un discorso più ampio… #12

Canzone dell’Appeso

‘Mpiso,
‘Mpiso stongo,
‘Attaccato cu ‘na fune
Arrevutato a cap’a sotto,
A quarcosa, a quarchedune

A Chi?
Chi m’ha mise a mme accussì
Penzavo ch’ire tu, e ‘nvece…
‘E te er’o gulìo
‘Sta fune ca me tene
‘Sta fune, mo, song’io

‘O saccio, avessa scassa’ mo mo ‘nu muro
‘O saccio, avessa accidere a quarchedune
Ma nun pozzo, nun so’ pazzo
Si ‘mpise stongo a chesta fune

Cu ‘sti mman’arravugliate
Avessa scennere,
‘O saccio ‘a che so’ nato
Che m’avess’adderezza’,
Ma si spezzo chesta fune?
-che paura-
Cado, me sturpeio, chi m’o fa fa’?

Pirciò me piace
‘E me metterm’accussì
Pecché si ‘o munno ‘n s’arrevota
Sai che faccio?
M’arrevoto sul’io,
Pecché ‘n aria, senz’e piede ‘ngopp’a terra
Me pozz’arrepusa’
Quanne ‘mpiso, a cap’a sotto
‘Mpiso stongo, c’aggia fa’?

E stongo bbuono cca,
Tranquille, cu tutt’e cummedità
Cu tutt’e scuse e chistu munno stuorto
Cu tutt’e buscie, senza raggione e tuorto
Ca me sazieno, e me sanne cunzula’

‘Mpiso
‘Mpiso stongo e ‘mpiso resto
Pecché ‘Mpiso
Niente…
Niente teng’a che vede’
Cu ‘o sott’e ‘ngopp’attuorn’a mme.

(Valentino Infuso)

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Arcano XIII dei Tarocchi Marsigliesi
Frammenti di un discorso più ampio #13

CONVERSAZIONE CON UN CORVO ALL'ALBA

"Ho sentito dire che molti ti temono, che se vieni nei sogni è un oscuro presagio, che se muovi le ali si alza un vento di grande terrore".

"Non temono me. Ma la Verità che porto.
Io siedo da tempi immemori sulla spalla della Morte, mi muovo tra "di qua" e "al di là" come una freccia nera tra invisibili onde, sono messaggero, guida, sentiero.
La morte è la mia signora.

Questo mondo teme la morte.
Ma quando temiamo qualcosa non possiamo conoscerla, non possiamo sapere che cosa essa sia.
Così gli esseri umani non sanno morire...
Così gli esseri umani non sanno vivere...
E credono esista soltanto la morte che essi immaginano.
Una morte piccola. Insulsa. Mortifera.

Il mondo non immagina altra fine che questa morte, quest’estasi del sonno, e considera tutto a partire da questa fine…

Le prime volte - i primi passi il primo sorriso la prima lacrima – sono viste dal mondo come se dovesse necessariamente condurre a una seconda volta più facile della prima, più agevole in quanto più macchinale, e la seconda volta porterà a una terza ancora più facile, gia sonnambula, e così, per lenta degradazione, per inevitabile usura, si giungerà fino all’ultima volta, ultimo sbadiglio, ultimo languore di tutto. Il bambino va all’adulto e l’adulto va alla morte. Ecco la tesi del mondo. Ecco la sua miserabile idea del vivente: un barlume tremolante nella sua aurora che non può far altro che declinare.

Per questo accumulano, trattengono, ammucchiano, murano, si difendono, costruiscono case, castelli, portoni blindati, tombe monumentali, si ingrassano l'anima come maiali da allevamento in recinti dorati, più possiedono più credono di allontare la morte... più si fanno pesanti più si illudono di ancorarsi alla terra... più si gonfiano di un vuoto di piombo più si svuotano di quel vuoto d'Immenso che li terrorizza, più evitano di nominare la morte più sperano ch'essa passi oltre e non si curi di loro?"

"Che grande illusione. Sono stupidi gli uomini..."

"Sono pigri a dire il vero. Troppo pigri per la gioia Vivere. Troppo pigri per il dolore di morire.

Gli uomini credono di poter possedere tutto... e non sono in realtà padroni di nulla... quanto creiamo si separa subito da noi. Le vostre opere vi ignorano... i vostri figli non sono i vostri...
I giorni dell'uomo sono come le pelli di serpente... brillano un po' al sole poi si distaccano da lui...

Dovete imparare a morire...

La morte e la Vita sono così annidate che è buffo davvero voi umani usiate due parole per dire una sola accecante vertigine.

Dovete imparare a morire..."

"E come?"

"Lasciate che la falce cada, più e più volte nelle nostre vite, ogni volta che un ramo si secca, che dove siete non è più "casa", ogni volta che "altrove" vi chiama, ogni volta che piegate il respiro in un cassetto dorato e restate senza fiato. Distruggete e create con la stessa potenza, distruggete e sappiate che chi non sa morire non sa fare l'amore, che amare e morire derivano dallo stesso sapere, vanno di pari passo, sono entrambi una resa, dissoluzione dell’ego, liberazione, radicamento e volo contemporaneamente.

Voi che tanto parlate e nulla dite, date alla vostra parola la regalità dei fiumi che scorrono senza tregua fino al silenzio sovrabbondante per gettarvisi e perdersi dentro, ritrovando là l’eco di un passato nella cui vibrazione impariamo a perdonarci per ciò che non abbiamo saputo essere e dare...a perdonare per ciò che non ci è stato dato, mescolando le acque nere e le acque bianche nelle grandi profondità. E poi…pazienza, luce e silenzio. Un silenzio che canta.

…tagliate, spezzate, bruciate.

Morite.

O non vivrete affatto."

(Valentina Cidda Maldesi/Anabel)

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DI COSA SENTITE ESSERCI PIÙ BISOGNO, IN QUESTO MOMENTO?
“The Art” dal mazzo dei Tarocchi di Thoth, realizzato da Frieda Harris, per Aleister Crowley
Frammenti di un discorso più ampio… #14

Hai mai conosciuto gli estremi prima di cercare l’equilibrio?

Ti sei mai nutrito degli stessi opposti che tenti disperatamente di armonizzare?

Ne sei mai stato saziato?
Te ne sei mai dissetato?
Li hai mai divorati facendoti divorare?
Ti ci sei mai affondato, perdendoti in essi prima di ritrovarti nel mezzo?

Hai mai toccato gli abissi più profondi dell’angoscia e della pienezza dell’anima e contemporaneamente le vette più alte dell’estasi e del dolore dei sensi?

Hai mai giocato col fuoco e meditato con l’acqua, armoniosamente mescolati, senza spegnere la fiamma, senza dissolvere la goccia?

Hai mai fluttuato fra le onde, tra Luce e Ombra?
Le hai mai amate entrambe?
Le hai mai separate per potertici unire?
Ti sei mai sentito tra loro come tre amanti che si fondono in un orgasmo, rimanendo ciascuno ciò che È?

Hai mai ucciso con lo stesso sentimento della necessità con cui dai Vita, ogni volta, ad ogni Creazione?

Hai mai amato con la stessa atroce intensità con cui odii te stesso mentre seppellisci il cadavere di chi ti ha amato?

(Valentino Infuso)

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l’alba di Porto X per augurare a tutti buongiorno. E un caloroso benvenuto ai nuovi viaggiatori che si sono uniti.
2024/10/01 22:31:06
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